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Con il consueto stile epigrammatico che l’ha resa un’autrice di culto nel mondo inglese, Anne Carson riflette sul concetto di «economia poetica», intrecciando le biografie di due uomini «nel mondo e mai del mondo», testimoni della propria epoca e cultori di un’arte senza tempo. Le leggi del mondo, rigide e inoppugnabili, ma sempre in equilibrio sulla precarietà della vita. L’oltre, incerto e indescrivibile, che in fondo legittima l’uomo e lo sostanzia. Con la sua lingua preziosa e misurata, Anne Carson traccia un parallelismo tra le vite di due poeti europei, il greco Simonide di Ceo, vissuto tra il VI e il V secolo a.C., e il romeno di origine ebraica Paul Celan, uno tra gli autori più acclamati del XX secolo. «Forse sono poeti quelli che sperperano ciò che i loro padri avrebbero risparmiato», scrive l’autrice. Eppure Simonide è stato uno dei primi intellettuali a scrivere versi in cambio di denaro, a piegare le regole del mondo all’imperscrutabilità dell’arte, conciliando il visibile e l’invisibile. E così Paul Celan, sopravvissuto all’Olocausto e cultore della memoria, che trascorre gli ultimi anni della vita in un regime capitalista di reificazione, in cui tutto ha il valore del proprio corrispettivo economico. Ma se è vero che a «dispetto d’ogni altra cosa, questo soltanto, sì, il linguaggio, rimane imperduto», come Celan stesso scrive, se è vero che la poesia è l’unica testimonianza del passaggio fugace di un uomo nel mondo, cosa va perduto quando si spreca una parola?

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